Emanuele Rao è uno dei volti nuovi più giovani nello spogliatoio del Bari. Attaccante, all’occorrenza esterno sinistro, arrivato in Puglia lo scorso 17 luglio dopo l’esperienza alla Spal, il diciannovenne azzurrino Under 19 ha già collezionato sette presenze tra Coppa Italia e campionato. I tifosi biancorossi hanno imparato a conoscerlo: pochi minuti, tanta corsa e la sensazione di un talento in costruzione.
“L’inizio è stato buono. Anche in ritiro ci siamo allenati forte. Nei primi impegni ufficiali abbiamo fatto bene sotto diversi punti di vista. Dal possesso palla al resto. Poi, ci siamo fatti un po’ condizionare dagli episodi. Abbiamo preso gol evitabili. Continuiamo a lavorare. Ci alleniamo sempre al massimo, cercando di curare gli errori fatti. Lavoriamo e lavoriamo per migliorarci. A Bari mi sto trovando bene. Ho avuto la fortuna di incontrare un collega di mio padre trasferitosi in città”, racconta Rao, convinto che la crescita passi attraverso il lavoro quotidiano.
La chiamata del Bari è arrivata anche grazie ai consigli di chi, in questa piazza, ha lasciato un segno indelebile. “Mi ha aiutato molto Mirko Antenucci. Mi ha impressionato quello che mi ha detto. È il primo anno in B, il secondo al cospetto dei grandi. La cadetteria è molto diversa dalla C. Cerco di sfruttare ogni minuto al meglio che posso. Voglio dare il massimo. Mi ispiro molto a Leao. Mi è piaciuto vederlo dal vivo nella gara di Coppa Italia. È stata una grande emozione.”
Il passaggio dalla C alla B non lo spaventa. Rao affronta ogni partita con la leggerezza dei suoi diciannove anni, ma anche con la consapevolezza di chi ha già vissuto stagioni complicate. “Negli ultimi due anni, ho sofferto alla Spal. Arrivammo ad un punto dei playout. Mentre l’anno scorso ci salvammo agli spareggi. Vado in campo spensierato.” Eppure, l’ottimismo non basta: “L’inizio non è stato quello che tutti ci aspettavamo. Spero che l’ultima vittoria sul Padova ci dia la scossa. Continuiamo a lavorare, seguendo questa strada.”
Dietro la faccia pulita di un ragazzo normale si nasconde una storia di forza e coraggio. Rao convive con il diabete da quando aveva nove anni. “L’ho scoperto dieci anni fa. Giocavo ancora a Chievo. Ero piccolo. Ad allenamento avevo fame, sudavo. Non riuscivo a far nulla. I miei genitori sono entrambi infermieri. Da un controllo venne fuori il diabete. Trascorsi il Natale in ospedale. Non sapevo se sarei tornato a giocare a calcio. Mia madre mi incoraggiava. Ogni giorno, dopo il lavoro, papà veniva a trovarmi in allenamento. L’anno dopo Verona sono andato a Ferrara. I miei genitori hanno avuto coraggio di mandarmi lontano da casa. In convitto, ho incontrato tutor eccezionali. Mi hanno aiutato molto. E ho imparato ad autogestirmi. Ora sono autonomo. Gioco e curo la malattia. Ho un microinfusore, un pancreas artificiale. Il diabete non è un ostacolo o un limite, ma superarlo.”
In estate, dopo il fallimento della Spal, si è ritrovato senza squadra. Ma anche in quel momento Rao non ha perso fiducia. “Sono rimasto spiazzato perché nessuno si aspettava del fallimento estense. Sono arrivate varie richieste. Ho chiamato Mirko Antenucci per dei consigli. Mi ha detto che Bari è una gran piazza. Mirko è una gran persona, un grande esempio. Orgoglioso di aver diviso campo e spogliatoio con lui per due anni.”
In biancorosso, si sta facendo spazio con disciplina e disponibilità. “Mi piace giocare alto a sinistra. Faccio ciò che mi dice Caserta. Sono giovane e devo imparare. Sfrutto ogni occasione per crescere e migliorare. Avrei voluto fare un gol a Venezia. Lavorerò per cercare il gol prima possibile e aiutare la squadra a fare bene. Provo a sfruttare ogni singolo minuto che mi concede il mister. Il gol? Spero di segnarlo in casa davanti ai nostri tifosi.” Determinato, educato, concreto. Rao non promette nulla, ma lavora per tutto. E il Bari, forse, in lui ha trovato uno dei suoi futuri punti fermi.