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BARI, DISASTRO FIGLIO DI SCELTE SBAGLIATE: ORA BASTA ALIBI

di Pierpaolo Paterno

Ci voleva Giuseppe Magalini, con la sua consueta compostezza da burocrate di campo, per certificare ciò che tutti avevano già capito da settimane: “Sei punti in otto partite sono un ruolino da retrocessione”. Finalmente una verità, ma detta da chi di questo sfacelo è fra i principali responsabili, suona come una beffa. Il direttore sportivo si presenta dopo l’ennesimo tracollo, quello di Reggio Emilia, con un linguaggio da pompiere di professione. “Faremo un’analisi profonda”, promette. Ma il problema non è l’analisi, è la realtà: un Bari costruito male, senza logica, senza gerarchie, senza anima. E di quella realtà Magalini e la sua area mercato portano addosso tutta la colpa.

Il campo non mente mai. Il Bari è una squadra senz’ossatura, senza alternative, priva di leadership. Difensori inadeguati, centrocampo molle, attacco spuntato. L’errore non è stato solo tecnico ma concettuale: si è pensato di rifondare riducendo la qualità, di cambiare per risparmiare, di costruire un gruppo senza carattere in un campionato che di carattere si nutre. La prestazione di Reggio Emilia è lo specchio fedele di questa deriva. Nikolaou, simbolo di un mercato improvvisato, è affondato insieme alla retroguardia più fragile del torneo. Ma guai a parlare di errori di valutazione: Magalini, con un’ironia fuori luogo, liquida tutto con un “Volete che arrivino degli svincolati? Ora li prendiamo, così siete tutti contenti”. Il tono è leggero, ma il danno è pesante.

A Bari, da troppo tempo, si fa finta che i problemi siano episodici: l’espulsione di un singolo, un palo, una svista arbitrale. Ma la verità è un’altra. Questo progetto sportivo è sbagliato dalle fondamenta. Ed è la proprietà, nella persona di Luigi De Laurentiis, a doverne rispondere. Perché è la proprietà che ha scelto uomini, strategie, investimenti. È la proprietà che ha consentito l’ennesimo ribaltone tecnico senza un piano chiaro, lasciando a Caserta (oggi aggrappato al nulla) una rosa priva di equilibrio. Magalini dice: “Caserta non è il responsabile di questa situazione”. Giusto. Ma allora chi? Forse l’unico ad avere davvero il coraggio di ammettere l’evidenza dovrebbe anche avere la dignità di trarne le conseguenze. Perché non si può continuare a parlare di “analisi” e “rifondazioni” dopo otto giornate. La stagione nasce compromessa e la fiducia della piazza, logorata da anni di illusioni, è ai minimi storici.

Il Bari è in crisi perché chi lo dirige ha perso la bussola. E se la società non interviene subito, con decisioni vere — non con le solite parole di circostanza — allora non resterà che prepararsi al peggio. Perché la retrocessione, stavolta, non sarebbe un incidente ma la logica conseguenza di una gestione superficiale e presuntuosa.

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